Conformismo e libertà
Erano mesi che dovevo/volevo scrivere questo pezzo sul libro di Fromm “Fuga dalla libertà”: questo sia per aiutarmi a memorizzarne il contenuto sia per procedere nella lettura. Infatti non volevo andare avanti fino a quando non avessi scritto questo pezzo per non accavallare insieme più concetti.
Poi ieri mi sono stufato e ho ricominciato a leggerlo e oggi, senza averlo pianificato, ho voglia/tempo di scriverne!
Probabilmente per molti aspetti di tratta di un’opera superata e che non rispondi agli attuali crismi del saggio: adesso per ogni affermazione vengano citati gli studi che la dimostrano mentre Fromm viaggia sulle ali della propria intuizione e, sono abbastanza sicuro, spesso è in errore.
Eppure l’opera contiene delle idee fondamentali: lega insieme la società moderna con la paura e l’ansia del singolo individuo; soprattutto esamina le risposte psicologiche con cui il singolo si difende dalla pressione nevrotizzante del mondo moderno.
In precedenza ho scritto dell’aspetto sadomasochistico diffuso, chi più chi meno, in tutta la popolazione e che per me era stata una sorta di epifania: un riconoscere e trovare confermato ciò che avevo con dolore ipotizzato osservando la reazione della società alla gestione pandemica che aveva fatto emergere in un gran numero di persone comportamenti sadici per me, all’epoca, incomprensibili.
Oggi invece scriverò dell’altra fondamentale reazione della popolazione all’ansia e all’insicurezza generate dal mondo moderno: il conformismo.
«Questo particolare meccanismo [il conformismo] è la soluzione che la maggioranza degli individui normali trova nella società moderna. Per dirla in breve, l’individuo cessa di essere se stesso; adotta in tutto e per tutto il tipo di personalità che gli viene offerto dai modelli culturali; e perciò diventa esattamente come tutti gli altri, e come questi pretendono che egli sia. Il divario tra “me” e il mondo scompare, e con esso la paura cosciente della solitudine e dell’impotenza.» (*1)
Ma la cosa “buffa” è che non si tratta di una scelta consapevole: l’individuo non dice a se stesso “Ora mi conformo agli altri così vivo più sereno” ma piuttosto si convince di prendere le proprie decisioni liberamente, con razionalità, senza cedere alle pressioni esterne.
Ma da cosa deriva questa illusione? Ecco la risposta di Fromm:
«La tesi secondo cui il modo “normale” di superare la solitudine è quello di diventare un automa è in contrasto con una delle idee sull’uomo più diffuse nella nostra cultura. Si ritiene che la maggioranza di noi sia composta di individui liberi di pensare, sentire, agire come gli garba. Naturalmente questa non è solo l’opinione generale sull’individualismo moderno, ma ogni individuo crede sinceramente di essere “se stesso”, ed è convinto che i suoi pensieri, sentimenti, desideri siano i “suoi”.» (*2)
In altre parole per evitare una fondamentale dissonanza cognitiva l’uomo razionalizza il proprio conformismo convincendosi di fare come gli altri semplicemente perché è ciò che è razionale e giusto fare.
«In realtà sono soltanto pseudoragioni, che hanno la funzione di far sembrare la sua opinione il risultato del suo pensiero. Ha l’illusione di esser arrivato a una sua opinione, ma in realtà si è limitato ad adottare l’opinione di un’autorità, senza rendersi conto di questo processo.» (*3)
Addirittura, e questo l’avevo notato/ipotizzato anch’io con sommo stupore, l’uomo media ha perfino bisogno che i media confermino ciò che i suoi occhi vedono per convincersi della sua realtà.
Io spesso ho scritto di come le persone si rifiutano caparbiamente di riconoscere ciò che ormai è palese, cioè che vedono con i propri occhi: posso far vedere una decina di ricerche scientifiche a mio padre, tutte verificate dai pari, che dimostrano un certo effetto ma lui non vi crederà fino a quando non glielo conferma Mentana al TG7 (cosa che Mentana si guarda bene dal fare!). Oppure posso presentare una pletora di argomentazioni che dimostrano come l’esercito di Kiev sia ormai sconfitto e sull’orlo del collasso: ma se i media raccontano che l’Ucraina sta vincendo e Putin è folle allora deve essere così.
Fromm è ancora più estremo di me: «Infatti per molte persone un’esperienza che hanno avuto, uno spettacolo artistico o una riunione politica a cui hanno assistito, diventano reali solo dopo che ne hanno letto sul giornale.» (*4)(*5)
Giustamente Fromm osserva che la razionalizzazione può anche essere logica e corretta: semplicemente però non è il vero motivo per cui si è compiuta un’azione!
Credo che sia importante sottolinearlo: conformarsi non significa assumere posizioni/credenze errate altrui ma semplicemente prendere posizioni/credenze altrui corrette o sbagliate che siano.
A me pare ovvio ma già sento la pseudo controargomentazione “Ah! io conformista? Quindi secondo te non è stata la Russia a bombardare Kiev ieri notte?” che, ovviamente, è un affermazione (probabilmente!) corretta ma completamente irrilevante rispetto all’accusa di essere conformista. Perché poi il paralogismo continuerebbe con: “se X è vero allora io non sono conformista”.
Il succo di questo particolare conformismo, che le persone poi, per i motivi detti, confondono poi con il frutto del proprio arbitrio, è che anche la libertà è spesso un’illusione.
«La maggior parte delle persone sono convinte che, finché un potere esterno non le costringe manifestamente a fare qualcosa, le decisioni che prendono sono loro; e che, se vogliono qualcosa, sono loro che lo vogliono. Ma questa è una delle grandi illusioni che nutriamo a proposito di noi stessi. Un gran numero delle decisioni che prendiamo non sono davvero nostre, ma ci vengono suggerite dall’esterno; siamo riusciti a persuaderci che siamo stati noi a prendere la decisione, mentre in realtà ci siamo uniformati alle aspettative degli altri, spinti dalla paura dell’isolamento e da minacce più dirette alla nostra vita, alla nostra libertà e al nostro benessere.» (*6)
Il caso vuole, la solita serendipità che tanto mi affascina, che da qualche giorno sto seguendo un videocorso di Robert Sapolsky, importante biologo e professore a Stanford, sulla biologia del comportamento umano. Ebbene una delle conclusioni di Sapolsky è che l’uomo NON ha il libero arbitrio. Sono curioso di confrontare questa teoria “biologica” di Sapolsky con quella psicologica di Fromm: sospetto che avranno numerose sovrapposizioni...
Alla fine le “nostre” decisioni sono spesso frutto di: 1. convenzione; 2. dovere; 3. pressione sociale.
La conclusione di Fromm, che condivido pienamente, è: «La perdita dell’io, la sua sostituzione con uno pseudoio, lascia l’individuo in un profondo stato di insicurezza. È ossessionato dal dubbio, poiché, essendo in sostanza un riflesso di ciò che altri si attendono da lui, in una certa misura ha perduto la sua identità. Per vincere il panico derivante da questa perdita d’identità, è costretto a conformarsi, e cercare la propria identità nella continua approvazione e nel continuo riconoscimento da parte degli altri. Dato che lui non sa chi è, per lo meno gli altri lo sapranno, se agisce secondo le loro pretese; se lo sanno, lo saprà anche lui, solo che creda loro sulla parola.» (*7)
Ultimamente ho ripreso a leggere con una certa continuità e spero quindi di avere di più (soprattutto anche di voglia!) da scrivere su questo ghiribizzo...
Nota (*1): tratto da “Fuga dalla libertà” di Erich Fromm (1941), (E.) Edizioni di comunità, 1980, trad. Cesare Mannucci, pag. 163.
Nota (*2): ibidem, pag. 164.
Nota (*3): ibidem, pag. 168.
Nota (*4): ibidem, pag. 169.
Nota (*5): Fromm scrive nel 1941, ora è la tivvù che ha il ruolo del giornale…
Nota (*6): ibidem, pag. 174-175.
Nota (*7): ibidem, pag. 180.
Poi ieri mi sono stufato e ho ricominciato a leggerlo e oggi, senza averlo pianificato, ho voglia/tempo di scriverne!
Probabilmente per molti aspetti di tratta di un’opera superata e che non rispondi agli attuali crismi del saggio: adesso per ogni affermazione vengano citati gli studi che la dimostrano mentre Fromm viaggia sulle ali della propria intuizione e, sono abbastanza sicuro, spesso è in errore.
Eppure l’opera contiene delle idee fondamentali: lega insieme la società moderna con la paura e l’ansia del singolo individuo; soprattutto esamina le risposte psicologiche con cui il singolo si difende dalla pressione nevrotizzante del mondo moderno.
In precedenza ho scritto dell’aspetto sadomasochistico diffuso, chi più chi meno, in tutta la popolazione e che per me era stata una sorta di epifania: un riconoscere e trovare confermato ciò che avevo con dolore ipotizzato osservando la reazione della società alla gestione pandemica che aveva fatto emergere in un gran numero di persone comportamenti sadici per me, all’epoca, incomprensibili.
Oggi invece scriverò dell’altra fondamentale reazione della popolazione all’ansia e all’insicurezza generate dal mondo moderno: il conformismo.
«Questo particolare meccanismo [il conformismo] è la soluzione che la maggioranza degli individui normali trova nella società moderna. Per dirla in breve, l’individuo cessa di essere se stesso; adotta in tutto e per tutto il tipo di personalità che gli viene offerto dai modelli culturali; e perciò diventa esattamente come tutti gli altri, e come questi pretendono che egli sia. Il divario tra “me” e il mondo scompare, e con esso la paura cosciente della solitudine e dell’impotenza.» (*1)
Ma la cosa “buffa” è che non si tratta di una scelta consapevole: l’individuo non dice a se stesso “Ora mi conformo agli altri così vivo più sereno” ma piuttosto si convince di prendere le proprie decisioni liberamente, con razionalità, senza cedere alle pressioni esterne.
Ma da cosa deriva questa illusione? Ecco la risposta di Fromm:
«La tesi secondo cui il modo “normale” di superare la solitudine è quello di diventare un automa è in contrasto con una delle idee sull’uomo più diffuse nella nostra cultura. Si ritiene che la maggioranza di noi sia composta di individui liberi di pensare, sentire, agire come gli garba. Naturalmente questa non è solo l’opinione generale sull’individualismo moderno, ma ogni individuo crede sinceramente di essere “se stesso”, ed è convinto che i suoi pensieri, sentimenti, desideri siano i “suoi”.» (*2)
In altre parole per evitare una fondamentale dissonanza cognitiva l’uomo razionalizza il proprio conformismo convincendosi di fare come gli altri semplicemente perché è ciò che è razionale e giusto fare.
«In realtà sono soltanto pseudoragioni, che hanno la funzione di far sembrare la sua opinione il risultato del suo pensiero. Ha l’illusione di esser arrivato a una sua opinione, ma in realtà si è limitato ad adottare l’opinione di un’autorità, senza rendersi conto di questo processo.» (*3)
Addirittura, e questo l’avevo notato/ipotizzato anch’io con sommo stupore, l’uomo media ha perfino bisogno che i media confermino ciò che i suoi occhi vedono per convincersi della sua realtà.
Io spesso ho scritto di come le persone si rifiutano caparbiamente di riconoscere ciò che ormai è palese, cioè che vedono con i propri occhi: posso far vedere una decina di ricerche scientifiche a mio padre, tutte verificate dai pari, che dimostrano un certo effetto ma lui non vi crederà fino a quando non glielo conferma Mentana al TG7 (cosa che Mentana si guarda bene dal fare!). Oppure posso presentare una pletora di argomentazioni che dimostrano come l’esercito di Kiev sia ormai sconfitto e sull’orlo del collasso: ma se i media raccontano che l’Ucraina sta vincendo e Putin è folle allora deve essere così.
Fromm è ancora più estremo di me: «Infatti per molte persone un’esperienza che hanno avuto, uno spettacolo artistico o una riunione politica a cui hanno assistito, diventano reali solo dopo che ne hanno letto sul giornale.» (*4)(*5)
Giustamente Fromm osserva che la razionalizzazione può anche essere logica e corretta: semplicemente però non è il vero motivo per cui si è compiuta un’azione!
Credo che sia importante sottolinearlo: conformarsi non significa assumere posizioni/credenze errate altrui ma semplicemente prendere posizioni/credenze altrui corrette o sbagliate che siano.
A me pare ovvio ma già sento la pseudo controargomentazione “Ah! io conformista? Quindi secondo te non è stata la Russia a bombardare Kiev ieri notte?” che, ovviamente, è un affermazione (probabilmente!) corretta ma completamente irrilevante rispetto all’accusa di essere conformista. Perché poi il paralogismo continuerebbe con: “se X è vero allora io non sono conformista”.
Il succo di questo particolare conformismo, che le persone poi, per i motivi detti, confondono poi con il frutto del proprio arbitrio, è che anche la libertà è spesso un’illusione.
«La maggior parte delle persone sono convinte che, finché un potere esterno non le costringe manifestamente a fare qualcosa, le decisioni che prendono sono loro; e che, se vogliono qualcosa, sono loro che lo vogliono. Ma questa è una delle grandi illusioni che nutriamo a proposito di noi stessi. Un gran numero delle decisioni che prendiamo non sono davvero nostre, ma ci vengono suggerite dall’esterno; siamo riusciti a persuaderci che siamo stati noi a prendere la decisione, mentre in realtà ci siamo uniformati alle aspettative degli altri, spinti dalla paura dell’isolamento e da minacce più dirette alla nostra vita, alla nostra libertà e al nostro benessere.» (*6)
Il caso vuole, la solita serendipità che tanto mi affascina, che da qualche giorno sto seguendo un videocorso di Robert Sapolsky, importante biologo e professore a Stanford, sulla biologia del comportamento umano. Ebbene una delle conclusioni di Sapolsky è che l’uomo NON ha il libero arbitrio. Sono curioso di confrontare questa teoria “biologica” di Sapolsky con quella psicologica di Fromm: sospetto che avranno numerose sovrapposizioni...
Alla fine le “nostre” decisioni sono spesso frutto di: 1. convenzione; 2. dovere; 3. pressione sociale.
La conclusione di Fromm, che condivido pienamente, è: «La perdita dell’io, la sua sostituzione con uno pseudoio, lascia l’individuo in un profondo stato di insicurezza. È ossessionato dal dubbio, poiché, essendo in sostanza un riflesso di ciò che altri si attendono da lui, in una certa misura ha perduto la sua identità. Per vincere il panico derivante da questa perdita d’identità, è costretto a conformarsi, e cercare la propria identità nella continua approvazione e nel continuo riconoscimento da parte degli altri. Dato che lui non sa chi è, per lo meno gli altri lo sapranno, se agisce secondo le loro pretese; se lo sanno, lo saprà anche lui, solo che creda loro sulla parola.» (*7)
Ultimamente ho ripreso a leggere con una certa continuità e spero quindi di avere di più (soprattutto anche di voglia!) da scrivere su questo ghiribizzo...
Nota (*1): tratto da “Fuga dalla libertà” di Erich Fromm (1941), (E.) Edizioni di comunità, 1980, trad. Cesare Mannucci, pag. 163.
Nota (*2): ibidem, pag. 164.
Nota (*3): ibidem, pag. 168.
Nota (*4): ibidem, pag. 169.
Nota (*5): Fromm scrive nel 1941, ora è la tivvù che ha il ruolo del giornale…
Nota (*6): ibidem, pag. 174-175.
Nota (*7): ibidem, pag. 180.
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