Tre e più libri

Come al solito scrivo molto meno di quanto vorrei/dovrei su questo ghiribizzo ma, onestamente, non so cosa farci: quando tenevo il mio vecchio blog scrivendo spesso di argomenti futili ero spinto ad alternarvi anche pezzi un po’ più impegnati per riequilibrare lo spirito del sito, ma adesso non ho più questo stimolo che, evidentemente, era più forte di quanto pensassi: il piacere di creare con ogni nuovo articolo un qualcosa di speciale…

Vabbè: è andata come andata grazie alla censura UE…

Non sto leggendo molto ma comunque sto leggendo: moilto tempo lo sto perdendo con i libri della serie DragonLance che lessi da ragazzino e avevo voglia di rileggere. Al momento sono al sesto (beh, i primi li ho letti a fine 2024)! Ah! e a questi aggiungete i libri di John Scalzi che avevo comprato in super offerta su HumbleBundle.com…

Passando direttamente ai libri più seri ho finito di leggere la raccolta di pensieri di Leonardo da Vinci.
Essendo una raccolta è difficile farne una sintesi che non faccia riferimento ai singoli frammenti, spesso pure molto eterogenei.
In generale non ho capito l’utilità, anzi il senso, delle varie allegorie: mi è sembrato una sorta di esercizio di scrittura fine a se stesso. Noiosa la sua apologia dell’arte della pittura.
Qui devo spiegare: nei primi pezzi si avverte chiaramente il rammarico e la frustrazione provata da Leonardo a essere poco considerato dagli intellettuali del tempo che lo ritenevono un semplice pittore, cioè un artigiano non troppo istruito e dalla scrittura rozza. Lui fa presente di essere anche architetto e inventore ma effettivamente conferma che la sua scrittura non è all’altezza dei “professionisti”.
Nella seconda parte dell’opera invece passa alla riscossa e si impegna molto a dimostrare che la pittura è superiore alla poesia (e anche alla musica e alla scultura).
Capite il processo mentale? Non cerca più di dimostrare di essere all’altezza dei poeti ma che è invece la sua arte a essere superiore (con criteri che mi pare suonino aristotelici) alla parola scritta…
Poi certo è un genio e qua e là si leggono osservazioni molto profonde e fuori dal contesto del tempo.
Ero curioso di vedere se emergeva qualcosa del suo rapporto con le donne/sesso dato che avevo sentito dirre che fosse omosessuale: in verità dai suoi scritti mi sembra emerga solo indifferenza per amore/sesso/donne ma in questo caso non ho potuto sciogliere il mio giudizio. Lo stesso riguardo la religione: sì qualche frase di circostanza quando per esempio scrive del diluvio universale ma di certo la religione era all’estrema periferia del suo pensiero.
Una cosa che mi ha fatto costantemente sorridere mentre lo leggevo che però necessita di una brevissima premessa: quando ero bambino (tipo elementari) avevo preso l’abitudine spontanea (nel senso che né i miei genitori né i miei nonni usavano sistematicamente come me questa parola) di parlare di “omini”; dicevo “un omino ha fatto questo e quello”, “c’erano degli omini” etc.
Poi un giorno la mamma mi brontolò dicendomi che era un termine irrispettoso e che non dovevo usarlo: la critica mi sembrò giustificata, dopotutto era un diminutivo, e quindi smisi di usare il termine “omino”.
Ecco Leonardo scrive continuamente di “omini”, credo nel senso di “uomini”, cioè non so se ho letto un singolo “omino”, ma nonostante questo incontrare il vocabolo mi faceva sempre ridere!

Poi che ho letto?
Ah! Ho letto Schiaparelli (astronomo a cavallo fra il XIX-XX secolo famoso per aver pubblicizzato i “canali” di Marte e le relative ipotesi di civiltà marziana). Interessante: scienziato vero. Soprattutto fa sempre attenzione a ricordare che le sue sono solo ipotesi e in effetti gli elementi che riporta facevano proprio pensare a qualcosa di artificiale!
Alla fine niente di che ma ci ho tirato fuori una divertente epigrafe per i marxisti marziani!

Peggio poi Antonio Ghislanzoni, scrittore minore del XIX secolo, di cui ho letto “Libro segreto”, che avevos caricato anni fa da ProjectGutenberg.org
È una raccolta di brevi racconti e una commedia. Il problema di fondo è che il suo stile che, suppongo, all’epoca doveva suonare frizzante e divertente adesso è completamente “sgasato” mentre le battute non fanno neppure sorridere.
Involontariamente divertente è la sua misogenia: quella paternalistica che all’epoca magari doveva sembrargli una visione comprensiva e tollerante delle donne e delle loro capacità.
Anche qui sono riuscito a strappare almeno un’epigrafe mediocre sull’Italia: non credo sia riuscita però a essere selezionata dal mio algoritmo epigrafi/sottocapitoli…

E poi ho dato un’altra possibilità a Popper leggendo una raccolta di suoi pensieri (ispirato dal titolo) “La libertà è più importante dell’uguaglianza”.
Il mio giudizio però non è cambiato: scrive banalità. A volte si tratta di osservazioni intelligenti ma che praticamente tutti gli intellettuali devono dare per scontate e solo ai lettori più ingenui possono sembrare profonde. Ecco Popper è il tipico scrittore che scrive per la massa: per essere apprezzato e capito da questa deve rimanere terra terra. Scrivesse concetti più profondi non sarebbe capito dalla maggioranza e, quindi, neppure apprezzato. La questione è se lo facesse volontariamente ed eventualmente per quale motivo: mi piace pensare che lo faceva non per ottenere fama e successo ma per cercare comunque di elevare di un poco il livello medio di comprensione dei suoi lettori.
Comunque dubito che leggerò altro di Popper.

Ho iniziato diversi nuovi libri:
- “Modelli matematici, fisica e filosofia. Scritti divulgativi” di Ludwig Boltzmann (quello della seconda legge della termodinamica e della morte termica dell’universo). Non so perché fosse finito nel mio elenco di libri da leggere. Per adesso c’è troppa fisica (vecchia) per i miei gusti e la filosofia si riduce a una epistemologia piuttosto tecnica e arida.
- “Facezie” di Poggio Bracciolini. Pagato 3€ nonostante “odiassi” l’autore. La mia professoressa G del liceo ci raccontò infatti che, approfittando del suo ruolo politico nello Stato Pontificio, aveva distrutto molte opere originali che si era fatto prestare da monasteri e simili per rivendere le sue copie scadenti e piene di errori. Io amo i libri da cui l’odio. Che poi non so se è vero: fatemi chiedere a chatGPT, va…
Ok, chatGPT lo “riabilita” dicendo che non vi è certezza che abbia volutamente distrutto degli originali ma che questi sono andati poi persi per il loro cattivo stato di conservazione e disattenzione degli archivisti. Uhmm…
Comunque ho iniziato a leggere la raccolta con forti pregiudizi invece devo a malincuore ammettere che è piuttosto divertente e alcuni episodi mi hanno effettivamente ridere.
- “La giovine Italia” di Mazzini. Estremamente deludente. Dovrebbe essere una raccolta di articoli del Mazzini tratti dall’omonima rivista clandestina. Io speravo di trovarvi argomentazioni politiche e utili concetti sociali ma invece è tutta propaganda mirata a esortare i giovani alla lotta rivoluzionaria: raffinata e sottilmente psicologica ma solo fumosa propaganda.
- “Il mondo come volontà e rappresentazione” di Arthur Schopenahauer. Sono appena all’inizio ma mi sembra di sentire risuonare una notevole affinità col filosofo. Fatemi vedere per quale tipo psicologico lo spacciano sul mio inaffidabile sito preferito: chiaramente lo danno per INFJ che è la tipologia tipica appioppata ai filosofi… io ovviamente sospetto un INTP ma è assolutamente troppo presto per dirlo… del resto un’affinità simile l’avevo percepita per Nietzsche (INFJ): forse alla fine è solo concordanza di idee più che psicologica…
Per esempio Shopenhauer spiega come sia importante leggere direttamente le opere dei filosofi e non le loro sintesi scritte da accademici. Anche io sono d’accordissimo: mi sono ormai reso conto che quando leggo un’opera originale la comprendo bene a fondo e in genere riesco a immedesimarmi nella logica dell’autore mentre invece le sintesi sono fredde (comprensibile ma fa perdere l’emozione dell’autore), tecniche (più che voler far capire mi sembra che si usino vocaboli “difficili” per mostrare di “sapere” (*1)) e ambigue (e questo è il vero problema di fondo: nonostante le sintesi fredde e tecniche il risultato non è chiaro tanto che a volte sembra perfino contraddittorio).
Ed ecco la spiegazione che Shopenhauer dà del fenomeno: «[Scritti filosofici] Nati dietro a fronti ampie, alte, ben arcuate, sotto alle quali spunta la luce di occhi splendenti; una volta trasferiti nell’angusta dimora e sotto il basso tetto di crani stretti, compressi, dalle pareti spesse, dai quali occhieggiano sguardi ottusi, miranti a scopi personali, essi perdono ogni forza e vitalità, tanto da non sembrare più se stessi.» (Tratto da Il mondo come volontà e rappresentazione di Arthur Schopenhauer, (E.) Newton Compton, 2023, trad. Gian Carlo Giani, pag. 16).
Ovviamente questa descrizione mi ha fatto ridere però c’è molto di vero. Come può uno stupido riassumere il pensiero di un genio? Lo può solo, se tutto va bene, ridurre a formule vuote, non riesce ad aggiungervi niente, forse non lo comprende neppure lui veramente ma solo si illude di farlo. Un nano non può indossare bene la camicia di un gigante. Volendo è poi un problema anche delle traduzioni…

Vabbè, ho scritto abbastanza: alla prossima!

Nota (*1): «Certi libri sembrano scritti non perché leggendoli si impari, ma perché si sappia che l'autore sapeva qualche cosa.» - Johann Wolfgang Goethe

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