La congiura di Catilina
Qualche giorno fa ho terminato di leggere “La congiura di Catilina” di Sallustio. Ci tenevo perché era un libro che interessava molto a mio zio e che stava rileggendo per l’ennesima volta quando morì.
Probabilmente le mie aspettative erano un po’ troppo alte: sicuramente lo stile (anche tradotto) di Sallustio è notevole ma quando si arriva ai fatti veri e propri si intuisce che l’autore ne dà una descrizione di parte.
Leggendo fra le note si scopre infatti che probabilmente sia Crasso che Cesare furono, almeno parzialmente, implicati nella vicenda (Marco Antonio invece era amico di Catilina e non sentendosela di comandare l’esercito contro di lui, si dette malato e il comando passò a un suo luogotenente) ma entrambi alla resa dei conti se ne tennero fuori. Quando Sallustio descrive qualche episodio che avrebbe potuto coinvolgerli (soprattutto Cesare in verità) si percepiscono le sue omissioni. Non so, forse mi sono fatto influenzare dalle note e dai ricordi di ciò che mi disse mio zio…
Mi pare abbastanza ridimensionato il ruolo di Cicerone, all’epoca console, ma in seguito nemico politico di Cesare e, quindi, da lui esiliato (se ricordo bene le note ma qui potrei sbagliarmi).
Comunque, sebbene molto indirettamente, emerge un lato di Cesare che manca completamente nella “Guerra gallica” ovvero la sua capacità politica e mi porta a pensare che le vittorie contro i galli fossero in parte dovute all’abilità dei suoi luogotenenti: mi viene in mente Labieno…
Al contrario ho avuto la sensazione che Pompeo politicamente non valesse niente ma che militarmente non fosse inferiore a Cesare: questo aiuterebbe a capire come mai Cesare non riuscì ad “asfaltare” Pompeo.
[(a dire il vero mi sono reso conto che queste sensazioni le ho avute leggendo la “Storia romana” di Cassio Dione!)]
L’unica cosa “strana” del racconto è che Catilina e i congiurati sono fatti passare da Sallustio come la feccia di Roma: uomini senza morale, che hanno bruciato i propri averi e quindi avidi di ricchezze, pronti a tutto, compreso assassinare il proprio padre e adusi a ogni vizio. Ma alla vigilia della battaglia il suo discorso per motivarli non sembra adatto a persone di tale sorta ma a chi crede profondamente nei propri ideali. E inoltre la battaglia, sebbene i rivoltosi fossero inferiori numericamente e male equipaggiati, fu durissima e combattuta fino alla morte (compreso Catilina).
Ah! e nei primissimi capitoli Sallustio fa quella descrizione della trasformazione psicologica/sociale romana che in pratica avviene con la vittoria contro i cartaginesi nella seconda guerra punica. Mio zio più volte ritornava su questo aspetto evidenziando il parallelo con gli USA dopo la fine dell’URSS e che io, a mia volta, ho riproposto nei sottocapitoli 16.1 e 16.2 della mia Epitome (*1)...
Mi chiedo poi se fu proprio a causa della congiura che Cesare, a forza di difendere a parole la repubblica, non se la sentì di divenire apertamente imperatore come fece invece poi il figlioccio Ottaviano. Il fatto è che a volte si finisce per credere ciò che si dice anche se inizialmente non era vero: mi immagino quindi Cesare negli anni successivi alla congiura impegnato a difendere a parole la Repubblica per allontanare da sé i sospetti di averle voluto nuocere e che, divenuto potente (console a vita mi pare!), non se la sia sentita di smantellare formalmente le sue istituzioni.
Nel complesso è un libretto che, anche per la sua brevità, si legge bene e che contiene delle belle pagine ma non mi sento di consigliarlo a tutti.
Nota (*1): vabbè, poi ne avevo anche trovata conferma da altre fonti che, per esempio, mettono in luce l’importanza del passaggio da un esercito basato sulla leva a uno di professionisti...
Probabilmente le mie aspettative erano un po’ troppo alte: sicuramente lo stile (anche tradotto) di Sallustio è notevole ma quando si arriva ai fatti veri e propri si intuisce che l’autore ne dà una descrizione di parte.
Leggendo fra le note si scopre infatti che probabilmente sia Crasso che Cesare furono, almeno parzialmente, implicati nella vicenda (Marco Antonio invece era amico di Catilina e non sentendosela di comandare l’esercito contro di lui, si dette malato e il comando passò a un suo luogotenente) ma entrambi alla resa dei conti se ne tennero fuori. Quando Sallustio descrive qualche episodio che avrebbe potuto coinvolgerli (soprattutto Cesare in verità) si percepiscono le sue omissioni. Non so, forse mi sono fatto influenzare dalle note e dai ricordi di ciò che mi disse mio zio…
Mi pare abbastanza ridimensionato il ruolo di Cicerone, all’epoca console, ma in seguito nemico politico di Cesare e, quindi, da lui esiliato (se ricordo bene le note ma qui potrei sbagliarmi).
Comunque, sebbene molto indirettamente, emerge un lato di Cesare che manca completamente nella “Guerra gallica” ovvero la sua capacità politica e mi porta a pensare che le vittorie contro i galli fossero in parte dovute all’abilità dei suoi luogotenenti: mi viene in mente Labieno…
Al contrario ho avuto la sensazione che Pompeo politicamente non valesse niente ma che militarmente non fosse inferiore a Cesare: questo aiuterebbe a capire come mai Cesare non riuscì ad “asfaltare” Pompeo.
[(a dire il vero mi sono reso conto che queste sensazioni le ho avute leggendo la “Storia romana” di Cassio Dione!)]
L’unica cosa “strana” del racconto è che Catilina e i congiurati sono fatti passare da Sallustio come la feccia di Roma: uomini senza morale, che hanno bruciato i propri averi e quindi avidi di ricchezze, pronti a tutto, compreso assassinare il proprio padre e adusi a ogni vizio. Ma alla vigilia della battaglia il suo discorso per motivarli non sembra adatto a persone di tale sorta ma a chi crede profondamente nei propri ideali. E inoltre la battaglia, sebbene i rivoltosi fossero inferiori numericamente e male equipaggiati, fu durissima e combattuta fino alla morte (compreso Catilina).
Ah! e nei primissimi capitoli Sallustio fa quella descrizione della trasformazione psicologica/sociale romana che in pratica avviene con la vittoria contro i cartaginesi nella seconda guerra punica. Mio zio più volte ritornava su questo aspetto evidenziando il parallelo con gli USA dopo la fine dell’URSS e che io, a mia volta, ho riproposto nei sottocapitoli 16.1 e 16.2 della mia Epitome (*1)...
Mi chiedo poi se fu proprio a causa della congiura che Cesare, a forza di difendere a parole la repubblica, non se la sentì di divenire apertamente imperatore come fece invece poi il figlioccio Ottaviano. Il fatto è che a volte si finisce per credere ciò che si dice anche se inizialmente non era vero: mi immagino quindi Cesare negli anni successivi alla congiura impegnato a difendere a parole la Repubblica per allontanare da sé i sospetti di averle voluto nuocere e che, divenuto potente (console a vita mi pare!), non se la sia sentita di smantellare formalmente le sue istituzioni.
Nel complesso è un libretto che, anche per la sua brevità, si legge bene e che contiene delle belle pagine ma non mi sento di consigliarlo a tutti.
Nota (*1): vabbè, poi ne avevo anche trovata conferma da altre fonti che, per esempio, mettono in luce l’importanza del passaggio da un esercito basato sulla leva a uno di professionisti...
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