Libri, video, cellule e sogni
Ho deciso che in questo blog scriverò anche dei video che mi capita di vedere. La logica apparentemente contraddittoria di parlare di video in un blog sui libri è in realtà facilmente spiegabile: voglio scrivere il seguente pezzo.
In realtà ho pure spulciato la cronologia di YouTube per recuperare il video in questione ma non mi è riuscito ritrovarlo. Magari ci riprovo dopo aver finito di scrivere questo articolo…
Il fatto è che venerdì-sabato dovevo essere leggermente malato: ho tossito circa otto volte ma soprattutto mi sentivo “strano”. Sono stato quindi parecchio a letto ascoltando video.
Probabilmente anche per questo ricordo poco di quello di cui, in teoria, vorrei scrivere ma il punto è che, in verità, voglio parlare solo delle mie riflessioni su di esso.
Il video deve aver accennato agli automi cellulari ma, come detto, non ricordo i dettagli, anzi non ricordo praticamente niente. Ma l’argomento mi interessava. Scoprii “Cellule” ai tempi del liceo e in un articolo di “Le Scienze” trovai la descrizione di un esperimento dove programmi si davano battaglia fra loro ed evolvevano. Per anni pensai di implementare un sistema analogo ma vuoi per incostanza che per mancanza di capacità non andai mai oltre qualche scarabocchio su un foglio.
Questa notte non riuscivo a dormire (probabilmente avevo dormito di giorno) e quindi, nella mia febbre fredda, mezzo addormentato, continuai a pensarci.
Di seguito i principali passi del mio ragionamento.
Prima di tutto immaginavo il mio automa come una serie di quadratini colorati che cambiano colore (per adesso) in base ai propri vicini. Per confronto in “Cellule” i quadratini possono essere solo neri oppure vuoti.
Ma che significa evolvere in questo contesto? Secondo me significa che l’automa deve essere in grado di cambiare le proprie regole: di conseguenza queste regole devono essere scritte nel suo corpo, devono essere altri quadratini colorati.
Come distinguere queste regole dal resto del corpo dell’automa? Per il momento mettiamo da parte questa questione…
Per confronto, in “Cellule”, le regole sono fisse: 1. una cellula muore se isolata (1 o 0 cellule a contatto) o se ne ha troppe (4 o più); 2. una cellula nasce in un quadratino vuoto se intorno a sé ha esattamente tre cellule.
In realtà la questione è molto più complessa: si dovrebbe distinguere fra “volontà” e leggi fisiche (vedi prosieguo).
Arrivai poi alla conclusione che l’automa di per sé aveva poco senso pensato isolatamente: andava inserito in un ambiente. Mi immaginai così un tappeto di quadratini colorati su cui sovrapporre l’automa: chiaro che lo stato di ogni singolo quadratino avrebbe dovuto dipendere anche da quello immediatamente sottostante, cioè dall’ambiente. E ovviamente anche l’ambiente avrebbe dovuto evolvere in base ai quadratini circostanti e all’azione dell’automa.
L’ultimo passo era quello di dare una “memoria” all’automa: mi ero immaginato una coperta trasparente, disposta sopra l’automa, che poteva venire cambiata solo da esso e che, al massimo, svaniva col tempo.
L’automa quindi avrebbe cambiato il proprio stato basandosi su ambiente, memoria e stato delle cellule che ha intorno.
Il comportamento dei vari quadratini fra loro equivale invece alla fisica (alla chimica, alla biochimica?) della simulazione.
Il problema di cercare di simulare un qualcosa di reale con questo approccio è che, mia sensazione, le varie configurazioni possibili di quadratini crescano in maniera esponenziale e che quindi vedere emergere qualcosa di sensato e interessante da questo caos colorato richiederebbe troppo tempo/potenza di calcolo.
Mi chiedo quindi se invece non sia possibile creare un modello con regole semplicissime, non importa se senza attinenza a qualsiasi realtà, e vedere se si evolve in qualcosa di “sensato”.
Sfortunatamente adesso, come si capisce da questi appunti, non ho più le idee chiare come durante il mio dormiveglia in cui tutto mi sembrava avere più senso.
Anche per questo ho voluto buttar giù questi ricordi: che infatti mi sono tornati in mente oggi come fossero frammenti di un sogno di diverse notti prima.
Al 99% non ne farò niente ma magari potrei provare a sviluppare una versione modificata di “Cellule” con qualche regola aggiuntiva per vedere cosa viene fuori.
Il fatto è che per capire pienamente il potenziale, ma anche le difficoltà reali, di idee di questo tipo si deve provare a metterle in pratica.
In realtà ho pure spulciato la cronologia di YouTube per recuperare il video in questione ma non mi è riuscito ritrovarlo. Magari ci riprovo dopo aver finito di scrivere questo articolo…
Il fatto è che venerdì-sabato dovevo essere leggermente malato: ho tossito circa otto volte ma soprattutto mi sentivo “strano”. Sono stato quindi parecchio a letto ascoltando video.
Probabilmente anche per questo ricordo poco di quello di cui, in teoria, vorrei scrivere ma il punto è che, in verità, voglio parlare solo delle mie riflessioni su di esso.
Il video deve aver accennato agli automi cellulari ma, come detto, non ricordo i dettagli, anzi non ricordo praticamente niente. Ma l’argomento mi interessava. Scoprii “Cellule” ai tempi del liceo e in un articolo di “Le Scienze” trovai la descrizione di un esperimento dove programmi si davano battaglia fra loro ed evolvevano. Per anni pensai di implementare un sistema analogo ma vuoi per incostanza che per mancanza di capacità non andai mai oltre qualche scarabocchio su un foglio.
Questa notte non riuscivo a dormire (probabilmente avevo dormito di giorno) e quindi, nella mia febbre fredda, mezzo addormentato, continuai a pensarci.
Di seguito i principali passi del mio ragionamento.
Prima di tutto immaginavo il mio automa come una serie di quadratini colorati che cambiano colore (per adesso) in base ai propri vicini. Per confronto in “Cellule” i quadratini possono essere solo neri oppure vuoti.
Ma che significa evolvere in questo contesto? Secondo me significa che l’automa deve essere in grado di cambiare le proprie regole: di conseguenza queste regole devono essere scritte nel suo corpo, devono essere altri quadratini colorati.
Come distinguere queste regole dal resto del corpo dell’automa? Per il momento mettiamo da parte questa questione…
Per confronto, in “Cellule”, le regole sono fisse: 1. una cellula muore se isolata (1 o 0 cellule a contatto) o se ne ha troppe (4 o più); 2. una cellula nasce in un quadratino vuoto se intorno a sé ha esattamente tre cellule.
In realtà la questione è molto più complessa: si dovrebbe distinguere fra “volontà” e leggi fisiche (vedi prosieguo).
Arrivai poi alla conclusione che l’automa di per sé aveva poco senso pensato isolatamente: andava inserito in un ambiente. Mi immaginai così un tappeto di quadratini colorati su cui sovrapporre l’automa: chiaro che lo stato di ogni singolo quadratino avrebbe dovuto dipendere anche da quello immediatamente sottostante, cioè dall’ambiente. E ovviamente anche l’ambiente avrebbe dovuto evolvere in base ai quadratini circostanti e all’azione dell’automa.
L’ultimo passo era quello di dare una “memoria” all’automa: mi ero immaginato una coperta trasparente, disposta sopra l’automa, che poteva venire cambiata solo da esso e che, al massimo, svaniva col tempo.
L’automa quindi avrebbe cambiato il proprio stato basandosi su ambiente, memoria e stato delle cellule che ha intorno.
Il comportamento dei vari quadratini fra loro equivale invece alla fisica (alla chimica, alla biochimica?) della simulazione.
Il problema di cercare di simulare un qualcosa di reale con questo approccio è che, mia sensazione, le varie configurazioni possibili di quadratini crescano in maniera esponenziale e che quindi vedere emergere qualcosa di sensato e interessante da questo caos colorato richiederebbe troppo tempo/potenza di calcolo.
Mi chiedo quindi se invece non sia possibile creare un modello con regole semplicissime, non importa se senza attinenza a qualsiasi realtà, e vedere se si evolve in qualcosa di “sensato”.
Sfortunatamente adesso, come si capisce da questi appunti, non ho più le idee chiare come durante il mio dormiveglia in cui tutto mi sembrava avere più senso.
Anche per questo ho voluto buttar giù questi ricordi: che infatti mi sono tornati in mente oggi come fossero frammenti di un sogno di diverse notti prima.
Al 99% non ne farò niente ma magari potrei provare a sviluppare una versione modificata di “Cellule” con qualche regola aggiuntiva per vedere cosa viene fuori.
Il fatto è che per capire pienamente il potenziale, ma anche le difficoltà reali, di idee di questo tipo si deve provare a metterle in pratica.
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